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Il giorno 2 ottobre 2018 si è spento Francesco Manzini.

 

 

 

dal suo libro “Il cantastorie“:

 

ULTIMA PER CHI BATTE

Sollevo la testa dal lavandino e la scuoto

sgrullando gocce dal viso

incerto mi aggrappo con forza

alla cornice rossa

con l’unghie che premono bianche

mi tiro su e m’affaccio

curioso allo specchio

finestra opaca ultimo varco

guardo col fiato corto i miei occhi

li vedo annaspare gorgogliando

dentro il vortice melmoso e ossuto

delle mie vecchie occhiaie

vertigine lucida

di questa mia perfida stagione

unica, vi assicuro,

che si chiuderà

finale grandioso!

con un salto nel nulla.

(2013)

 

La città dà l’addio a Manzini,pittore che donò arte al Vico – Il Centro, 5/10/2018

Chieti dà l’addio a Francesco Manzini  di Gigliola Edmondo, rete8.it, 5/10/2018

Si è spento il pittore teatino Francesco Manzini– ChietiToday, 4/10/2018

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Capestrano
per Francesco Manzini

Il mondo, parmi, si fa beffe di noi, Francesco, amico
così poco francescano che ti muovi
nella pittura come in una foresta tropicale
allagata di cemento, con guizzi felini, velocissime inerzie,
acredini mielate, ansietà notturne (o mattutine), decisioni spaziali
di geometria implacabile, in quest’ombra che acceca.

Ma il mondo è stupido, lo sai. Crede ai fantas

mi
e non li crea. Noi, in compenso, ci nutriamo di carne umana: della nostra
carne corporale e mentale, di una fedeltà
portentosa a un’ossessione che non si polverizza.
E poi, tu ridi: nella bufera
e nella festa, col tuo bravo sarcasmo
inaddomesticabile: e metti in scena
il rovescio delle cose, albe illividite dei pensieri
che non camminano.

 

Così, Francesco, respiri il tuo smog, che è lo stesso
del mio: di me che amo le tue figurazioni, le tue
cancellazioni, i tuoi marasmi sanguinosi, dentro
una terra abolita. Mordi la lana
dei nostri abiti: ne uscirà solo pus, e qualche rivolo
di memoria desolata. Ma lo spazio bloccato
dei tuoi quadri è uno squarcio esterrefatto nella cancrena
quotidiana, una crasi nella sordità della vita
che non vive se stessa.

 

Ascolto la tua pittura parlata. La sento come un rombo, o
un fraseggio leggero. Tratti
con la distanza appassionata di un esploratore
senza speranza, lungimirante e cieco, una materia
sordida e sottile: e ne fai, in ragione di sincopi
fondamentali, un grande, misterioso registro di attenzione.
Questo è respiro e mano. Questo è rètina e gioco
che scherza con la morte.

La tua Francesco, è una scrittura bustrofedica
che si fa apparizione capestrana: e ora, qui, oggi, in questa
giornata di nembi senza furore, immersa
in una bolla di vuoto, ti saluto
con solitudine fraterna: tu chiudi gli occhi
sotto l’ala del tuo cappello di feltro a falde larghe, e insieme
chiediamo chissà cosa al guerriero
venuto da qualche illocalizzabile pianeta sotterraneo
nel suo buio radiante, col suo enigma.

Mario Lunetta
da “doppio fantasma” 91 poesie per 91 artisti
Chieti, marzo 2000